mercoledì 27 giugno 2007

Capezzone fa rima con capannone e ...

Al Senato con il numero 1532 è in attesa di approvazione un disegno di legge ad opera dell'on. Capezzone.
Il disegno di legge si propone di snellire le pratiche per fare impresa nel nostro paese. Non esiste impresa che non abbia un capannone, ragiona il Capezzone, e dunque, per costruire gli edifici necessari a una qualsiasi attività produttiva, sia che tratti beni che servizi, basterà presentare la domanda allo “sportello unico” comunale.
La ricevuta della domanda vale come concessione e permesso di costruire.
Non conta più la destinazione d'uso dell'area ho da fare il capannone e lo faccio, punto! In caso di contenzioso in comissione servizi sarà il governo a decidere entro trenta giorni con il sistema del silenzio assenso.
Ecco fatto, ci voleva tanto?
La dove non osano le aquile osano i tacchini!

giovedì 21 giugno 2007

Impennata dei consumi energetici

Con il caldo i consumi di energia elettrica crescono vertiginosamente a causa dell'uso massiccio dei condizionatori.
Le case soffrono più il caldo del freddo, infatti le scelte costruttive recenti hanno sottovalutato il problema del surriscaldamento estivo. Soffitti bassi, muri sottili, isolamenti leggeri (tipo polistirolo) finestre esposte al sole battente sono tutte cause del caldo in casa. Esempi eclatanti di surriscaldamento estivo sono i capannoni per uso uffici e negozi. Questi edifici sono solitamente costruiti con pannelli sottili in cemento armato, prefabbricati, alleggeriti con pannelli di polistirolo, queste strutture vengono attraversate velocemente dall'onda di calore.
Inoltre molti capannoni vicini, circondati da grandi piazzali asfaltati creano un'isola di calore in cui i condizionatori sono costretti ad un super lavoro. Molti condizionatori in un'area ristretta già calda contribuiscono ad aumentare ancora il caldo ambientale chiudendo un circolo vizioso di super consumi.
Le alternative ci sarebbero, nei prossimi giorni avrò modo di parlarne.

Comprare casa


La casa è uno dei settori in cui si consuma più energia, quindi ogni cittadino ha la possibilità diretta di intervenire per ridurre i consumi energetici e la conseguente produzione di CO2. Tuttavia per ridurre i consumi in casa si devono fare degli investimenti anche importanti. Le regole di buon uso degli elettrodomestici, la sostituzione delle lampadine e altri comportamenti aiutano a ridurre i consumi ma per frazioni minime.
Quello che fa consumare molto è la struttura della casa che dovrebbe trattenere più calore possibile in inverno e lasciare entrare, in estate meno caldo possibile. Fino ad oggi le case sono state costruite con livelli bassissimi di isolamento termico. E' una verità dolorosa ma chi sta ancora pagando il mutuo per una casa nuova per ridurre significativamente i propri consumi dovrebbe spendere alcune decine di migliaia di euro.
Le case oggi in vendita sono vecchie, per farle rientrare nei nuovi parametri energetici occorre spendere molti soldi, questo significa che chi compra casa oggi dal 2009, anno in cui sarà obbligatorio il certificato energetico della casa, vedrà il valore del proprio investimento diminuire sensibilmente. Questa situazione non è ancora stata registrata dal mercato, anzi chi ha case ad alto consumo di energia da vendere cerca di farlo il più rapidamente possibile, dando minori informazioni possibili sulle performances energetiche della casa.
Per aiutare chi deve scegliere una casa ho pubblicato un libro:

Guida all'acquisto della casa sostenibile, Il Sole 24 Ore, Milano, 2006

martedì 12 giugno 2007

Torviscosa - Friuli - Europa

Torviscosa è una città di fondazione, come Latina, ma più piccola e in Friuli. Fu costruita su bonifica per produrre l'autarchica Viscosa. E' un piccolo polo della chimica, una Marghera con tutta la vicenda di impatto e inquinamento che caratterizza la storia della chimica italiana. Oggi la chimica è in declino e sulle aree industriali dismesse si sta pensando e realizzando impianti alternativi: una centrale termoelettrica della Edison da 500 MW, un cementificio da 1.200.000 tonnellate anno della Grigolin e, poco distante un inceneritore della Siderurgica srl per bruciare fluff, scarti dell'interno delle auto, e produrre energia elettrica.
Voglio pensare che ciascun intervento sarà realizzato al meglio, secondo le norme più severe per garantire l'incolumità delle persone e dell'ambiente.
Il punto è un'altro, oggi, quando l'UE decide di tagliare ulteriormente le emissioni di gas serra (- 20% deciso a marzo 2007) in questa parte d'Europa si pensa di incrementare considerevolmente le emissioni di questi gas, continuando nella vecchia e logora logica della rivoluzione industriale di produrre energia bruciando quello che di più economico e più calorifico si ha sottomano. Il punto è che per ridurre le emissionidi gas serra si deve ridurre la quantità di materia bruciata. Bisogna dunque pensare a come produrre energia in modo nuovo.
La grande centrale che produce un grande quantitativo di energia in un punto localizzato si scontra con un problema di approvigionamento di combustibile, un problema di trasporto di energia (grandi elettrodotti), un problema di efficienza, l'energia elettrica si vende facilmente ma il calore (circa il 60% del prodotto) non si sa a chi darlo e lo sideve disperdere attraverso le torri di raffreddamento.
La novità, che non è così nuova ma che oggi sembra tale, è la microcogenerazione cioè la produzione locale di energia elettrica, calore e freddo per l'uso in loco, a livello di quartiere e zona industriale. Oggi si deve passare dalla megacentrale da cui si dipartono a raggiere gli elettrodotti alla rete, il grappolo, di microcentrali in rete, un internet dell'energia in cui la parte intelligente sta dove sta il consumatore finale.
Torviscosa dunque è un caso di politica energetica che pensa al passato, è frutto di arroganza e ignoranza, è la conseguenza logica di una politica che intende privatizzare i profitti e spostare sulle comunità locali il peso ambientale, il rischio, il degrado. Il governatore del Friuli Illy in materia energetica e industriale è innovatore quanto un cavernicolo con la clava che ha appena scoperto il fuoco e le delizie del brodo di rana.

venerdì 8 giugno 2007

Energia: intensità vs efficienza

Nonostante l’energia da fonte fossile diventi sempre più cara e i governi dichiarino di impegnarsi a ridurre le emissioni di CO2 equivalente, l’uso intensivo di questo tipo di energia ha continuato a crescere invece che diminuire.

Ancora oggi i grandi produttori di energia continuano a proporre e costruire centrali elettriche non molto diverse da quelle di 60 anni fa. Possiamo constatare una forte resistenza ad abbandonare il modello industrialista ad alta intensità energetica. Tutto il piano di grandi opere, dalla TAV ai rigassificatori, dalle discariche ai cementifici, risulta, concettualmente, vecchio di 60 anni.

Il sistema basato sull’intensità energetica per sopravvivere deve escludere qualsiasi forma che vada nel senso dell’efficienza.

E’ un sistema a senso unico, le comunità locali sono obbligate ad accettare la presenza inquinante e ingombrante delle centrali, le reti ad alta tensione trasportano l’energia a lunga distanza con fortissime perdite lungo il tragitto. Il sistema energetico intensivo toglie spazio vitale e non è più tollerato. L’energia così prodotta è sempre più cara e i cittadini la devono comprare a prezzo imposto.

Il petrolio e gli altri combustibili fossili hanno determinato i modi di costruire, i materiali da usare, le forme e i modi di organizzazione urbana.

La società industriale è stata fondata su un alto investimento energetico in tutti i campi, si produce, ci si sposta, si abita, consumando grandi quantitativi di energia. La periferia residenziale nasce in questa logica di consumo: consumo di energia, di risorse, di territorio.

Uscire dalle energie fossili significa allora ripensare radicalmente tutti questi aspetti, spostarsi dall’intensità all’efficienza e dalla concentrazione alla diffusione: ridurre il consumo di energia e produrre energia dove si consuma.

mercoledì 6 giugno 2007

Architettura leggera

La ricerca di un modo di costruire secondo criteri di sostenibilità ambientale richiede di abbandonare i logori strumenti progettuali, che adesso ci appaiono bugiardi e densi di negatività e che hanno contribuito a costruire le realtà attuali. L’era post-petrolifera richiede un cambio totale di visione, e uno sforzo immaginativo che vada al di là di modelli e tecniche consolidate. Non si tratta cioè di sostituire semplicemente un materiale con un altro, ma si è chiamati a cambiare completamente l’approccio al progetto. Chiamo architettura leggera un modo di progettare e costruire che accetta questa sfida, sviluppando la ricerca di tecniche e forme costruttive a partire dall’impiego di energia diffusa, piuttosto che concentrata, di materiali leggeri e assemblati piuttosto che massicci e monolitici, di carichi poco elevati piuttosto che pesanti, di funzioni integrate piuttosto che specializzate.

La scelta di un materiale da costruzione in base alle caratteristiche di “leggerezza”, cioè di sostenibilità ambientale, richiede una valutazione sulla base dei seguenti parametri:

- I materiali devono essere prodotti e venduti localmente, in modo che sia più facile verificare la sostenibilità del ciclo produttivo, il basso impatto ambientale, e l’energia di trasporto pesi poco sul prodotto finito
- Devono essere a basso investimento energetico (Low embodied energy), cioè prodotti con il minor impiego di energia possibile in ogni fase di lavorazione.
- La durata dei materiali e dei manufatti deve essere attentamente progettata eliminando la possibilità che i materiali diventino rifiuti. E’ sostenibile un edificio pensato per durare 30 anni e i cui materiali trovano una collocazione in una qualche filiera, senza lasciare una scia di rifiuti da smaltire. Non è sostenibile un edificio pensato per durare indefinitamente e che richiede continue manutenzioni e sostituzioni con conseguente produzione di rifiuti da smaltire.
- Riciclabilità: deve essere abbandonata l’idea stessa di consumo, cioè di usa e getta, e sostituita con l’idea di usa e ricicla. L’attenzione dei progettisti dovrà concentrarsi sull’investimento metabolico presente in un oggetto, cioè su quanto cosa e come, a fine uso, è possibile recuperare, riciclare o metabolizzare. Al metabolismo biologico si affiancherà allora un metabolismo tecnologico in grado di escludere la produzione di rifiuti. Sarà possibile recuperare la maggior parte di materia ed energia attraverso processi di disassemblaggio e riassemblaggio. Mentre il metabolismo biologico è inscritto nelle interrelazioni degli ecosistemi, per cui ciò che una specie produce come rifiuto diventa cibo per un’altra specie, il metabolismo tecnologico richiede un’attenta progettazione sulla base dei cicli d’uso.
- I materiali usati non devono rilasciare emissioni tossiche o nocive nel tempo. Moltissime vernici, pitture murali, colle, additivi del cemento armato, rilasciano nel tempo composti organici volatili (COV) che sono causa di allergie e intossicazioni. Si tratta di prodotti utilizzati o per velocizzare la messa in opera o quali preservanti. L’impiego di queste sostanze riduce sullo stesso piano prodotti di origine biologica e prodotti di origine tecnologica impedendo le operazioni di riciclo. Come sta già avvenendo per la formaldeide e come è avvenuto per l’amianto, è possibile trovare valide alternative a questi materiali pericolosi.
- In alcuni materiali sono presenti dei residui di lavorazione non dichiarati potenzialmente tossici o nocivi, è il caso del cemento quando è prodotto bruciando pneumatici e rifiuti solidi urbani, è il caso dell’acciaio quando proviene da partite di rottami di origine incerta, può essere il caso del legno di provenienza extra europea, spesso trattato nei magazzini di partenza con sostanze altamente tossiche e vietate dalla nostra normativa.
- E’ necessaria poi una valutazione dell’impatto ambientale in fase di produzione e messa in opera. Il cemento, ad esempio, ha un forte impatto ambientale a partire dalle cave da cui e tratto il calcare, quindi i forni di cottura che contribuiscono alla produzione di CO2 e ad altre forme di inquinamento, a seguire la macinazione con produzione di polveri. Anche il legno può provenire da filiere ad alto impatto ambientale, frutto di deforestazione incontrollata e con lunghi tragitti di percorrenza.

L’entrata in vigore del Protocollo di Kyoto è il riconoscimento, a livello internazionale, dell’inizio dell’era post petrolifera e della conclusione dell’uso intensivo delle risorse. Con il petrolio in via di esaurimento si è esaurito il fondamento di un modello di società incentrato sull’economia ad alta intensità energetica. Il petrolio, e gli altri combustibili fossili ad alta concentrazione di energia, hanno determinato nel tempo i modi di costruire, i materiali da usare, finanche le forme e i modi di organizzazione urbana.

Oggi il contesto è cambiato, progettisti, costruttori, tecnici e amministratori pubblici, sono chiamati alla sfida dell’architettura leggera, un’architettura dematerializzata, che assume la questione fondamentale della nostra epoca, il passaggio dall’intensità all’efficienza: ridurre l’impiego di materia, di suolo, di acqua di energia migliorando la qualità abitativa.