mercoledì 16 marzo 2011

Fukushima, quando accade l'inaspettato

L'estrazione, il trasporto e l'utilizzo del combustibile nucleare richiede tecnologie sofisticate e costose atte a prevenire qualsiasi tipo di incidente. Per le dimensioni dell'apparato di prevenzione e sicurezza la centrale nucleare deve essere grande, in modo da concentrare tutto l'apparato su uno spazio limitato. Grande centrale minori costi di gestione maggiore pericolo potenziale. L'energia nucleare scarica grandi costi sulle popolazioni. Per garantire la sicurezza ampie porzioni di territorio vengono chiuse, le libertà individuali pesantemente limitate, e intere popolazioni sono sottomesse a regole di sicurezza.

Il mondo economico non concepisce l'inaspettato, per questo si affida alla fede statistica che crea degli elenchi di "scenari" più o meno probabili. Quelli meno probabili, per gli economisti, è come se non esistessero. Nella vita reale però l'inaspettato entra molto spesso a trasformare, nel bene e nel male le nostre esistenze, è la classica tramvata che prende le forme del colpo di fulmine in amore o quelle della perdita del lavoro, può essere una morte improvvisa o la nascita di un figlio.
Come scrisse Paul Virilio quando si inventa una tecnologia si inventa anche il disastro che l'accompagna, l'invenzione del treno inventa il disastro ferroviario, l'invenzione dell'areoplano inventa il disastro aereo e l'invenzione della centrale nucleare? Per quanto si stia attenti l'inaspettato può sempre accadere, per sua natura, inaspettatamente.

Da quanto si legge sui giornali la causa del disastro di Fukushima è dovuta al mal funzionamento dei generatori elettrici diesel. Cioè un sofisticatissimo ammasso di tecnologia potenzialmente distruttiva è affidato a dei banalissimi generatori diesel, con il loro serbatoio di gasolio che qualcuno deve riempire, forse un omino con la tanichetta? Si pone una domanda, chi è l'ingenuo, chi considera la scelta nucleare pericolosa e tendenzialmente distruttiva o chi, contro ogni evidenzia, si affida a questo genere di sistema di sicurezza?

Un'ultima considerazione territoriale. Succede l'inaspettato e circa 300.000 persone vengono deportate o segregate nelle loro abitazioni, per un tempo indefinito ma che potrebbe essere molto lungo o definitivo. Si dice che è per garantirgli l'incolumità, ma sicuramente non è stata una loro scelta di vivere vicino ad una bomba innescata.

mercoledì 9 marzo 2011

Appunti urbani

La città non esiste al di fuori della produzione culturale che riesce a mettere in atto.

Secondo Marc Augé “il luogo è cultura localizzata nel tempo e nello spazio”. Da qui, per opposizione, il non luogo è una risposta tecnica ad un problema isolato dal contesto locale, il non luogo non “localizza” cultura nel tempo e nello spazio, non opera per stratificazione lenta, non è l'effetto di una scrittura collettiva.

Il non luogo è l'effetto del problem solving, la modalità di affrontare un problema alla volta che nella città si realizza attraverso la costruzione di un qualche manufatto monofunzionale. Il centro commerciale, l'aeroporto, la stazione, il museo, l'autostrada, sono le classiche risposte tecniche ad un singolo problema: il consumo, l'arrivo degli aerei, i treni, l'esposizione di opere, la mobilità automobilistica.

Chiusa nel doppio vincolo dell'opposizione tra problema e soluzione, la città si dibatte senza vie di uscita. Il più delle volte il problema è solo il sintomo di un male nascosto e mai indagato e la soluzione è un palliativo temporaneo, tale da far perdurare le cause del male nel tempo.

L'opposizione problema soluzione resta in superficie, mette davanti agli occhi problemi togliendo la visuale per guardare oltre, per progettare.

Bisogna spostare l'attenzione dagli oggetti-soluzione alle relazioni, l'osservatore è sempre parte del campo di osservazione, così come un buon medico è parte della malattia.

Nella città la gente e il costruito si incontrano e si scontrano, convergono e divergono in un flusso dinamico. Come diceva Aldo Van Eyk, architetto olandese anticipatore della partecipazione, la città, come la mente e i sogni è caleidoscopica.

Nei non luoghi, rappresentati dalle macchine urbane che risolvono problemi tecnici, non c'è spazio per i cittadini produttori di “senso” ma solo per consumatori di servizi e funzioni. Le macchine tecniche funzionano a condizione di non essere guaste, è da notare che funzionano solo a livello di massa e sono sempre guaste al livello del singolo individuo.

La città deve essere co-prodotta dai cittadini che la abitano, produzione di senso e produzione culturale da tradurre i manufatti e in demolizioni. La città è viva fintanto che produce, se diventa contenitore in cui consumare eventi prodotti esternamente, muore.

In città si è esposti alla contaminazione virale dell'Altro.

Al problem solving preferiamo il problem dissolving, solo indagando le cause, che possono essere molto lontane nel tempo e nello spazio, possiamo dissolvere i problemi, cioè i sintomi, che ci annebbiano la vista e impediscono la coproduzione urbana.

La città si abita, in questo abitare si stratifica la memoria e si inscrivono i desideri.

La memoria urbana non è l'estatica contemplazione della reliquia del passato, è produzione e proiezione, è effetto dei flussi di desideri, è costruzione di un'identità instabile e mutagena.

L'annullamento dell'interesse comune a favore dell'interesse privato si attua attraverso un gigantesco scippo di beni collettivi a favore del profitto individuale. Oggi si possono individuare chiaramente, nella città, due modi di agire contrastanti quello della società civile e quello di chi opera per la razionalizzazione speculativa della città.

Gli abitanti, la società civile, motiva e stimola una abitabilità nuova, favorisce l'uso non esclusivo degli spazi, la flessibilità e l'autorganizzazione.

La razionalizzazione speculativa della città opera per frammentazione e specializzazione, è impermeabile ai flussi di persone e informazioni, resiste ai cambiamenti opponendo rigidità di sistema, la burocrazia normativa, scarica sul pubblico i costi e privatizza i profitti.

La tecnicizzazione è il braccio prolungato del soggetto dominatore della natura (Adorno).

Ecologia 1. Secondo la legge della tolleranza di Shelford la riproduzione di una specie è tra le funzionalità avanzate che si realizza solo all'interno dei limiti di vivibilità di un ambiente, per definire il livello di vivibilità di una città è dunque possibile prendere come indicatore il tasso di natalità?

Ecologia 2. Secondo la legge di Liebig la vivibilità di un ambiente è determinata dal fattore ecologico che è presente in minor quantità rispetto alle necessità. Dato che gli esseri umani non vivono solo di contributi biologici, mangiare, bere, fare il nido, quali sono gli elementi urbani presenti in minor quantità che influiscono sulla vivibilità?

Gli interessi della comunità, dei cittadini, devono trovare all'interno di processi decisionali democratici la forza per vincolare e orientare le forme e i modi dello sviluppo urbano.

Bisogna contestare e contrastare la legittimità delle pratiche attuali di gestione della trasformazione urbana, ma la battaglia non può essere difensiva, bisogna uscire dal discorso imposto dall'avversario e affermare una nuova cultura che porti a proposte Altre sulla città, non controproposte o semplici risposte.

L'alterità della proposta passa per l'affermazione della terra bene comune, al pari dell'acqua bene comune, e nell'individuazione di aree liberate dal ricatto funzionalista, dal mercato, dalla rigidità.

La terra comune non insidia i titoli di proprietà, ma afferma la prevalenza dell'interesse comune sulla trasformazione delle aree ed in particolare intende tutelare totalmente e perennemente i fondi agricoli, vincolandoli all'esistenza stessa della città e alla sua autonomia alimentare.

Cedere caserme e acquisire aziende agricole?

Il corpo e la scena ovvero l'inseparabilità nelle produzioni di spazio, di relazione, di senso, di cultura.

Occorre riportare i casi privati all'interno di una strategia generale di azione pubblica.

Lo stesso criterio di giustizia che vale per l'accessibilità alle risorse deve valere per l'accessibilità agli spazi urbani.

Nelle nuove espansioni urbane assistiamo all'affermarsi dello spazio anonimo da vestire con elementi semplici di comunicazione.

La strada deve essere l'espansione pubblica degli spazi privati, il luogo di incontro regolato dal principio di prossimità. La prossimità è un complesso intreccio relazionale, emozionale, economico dato da tutto ciò che s’incontra lungo un percorso, principalmente pedonale, e che costituisce uno dei fondamenti dell’esistenza stessa della città.

Bisogna lavorare sull’accessibilità e non sul mezzo di trasporto; bisogna far sì che l’accesso alle attività economiche e personali avvenga riducendo il peso dei veicoli a motore sulla città. Città compatta, riduzione delle distanze per le necessità quotidiane, nuova gerarchia dei mezzi di trasporto che privilegi il pedone, il ciclista, chi usa il bus, e penalizzi chi usa l’auto privata: sono queste le strategie messe in atto in mezza Europa dalle città che funzionano.


Le parole famose di un assessore alla viabilità: “L’obiettivo del Comune resta quello di ridurre il traffico e di aumentare il numero dei parcheggi in centro.” Forse per stimolare i cittadini a lasciare le macchine ferme?