Le auto producono inquinamento ogni qualvolta le usiamo. Guidare un’auto è l’azione più inquinante compiuta da un cittadino medio. Due sono i punti principali di inefficienza, il primo è dato dal fatto che un’utilitaria che trasporta una persona muove 7-8 quintali d’acciaio per spostare 60-100 kg. di guidatore; il secondo è dato dal fatto che non più del 35% dell’energia prodotta dal motore si trasforma in movimento, il resto è dissipata, cioè perduta, sottoforma di calore.
Il problema è che le nostre città sono state costruite in funzione dell’automobile, zone residenziali, zone industriali e direzionali, zone per il divertimento, sono raggiungibili solo ed esclusivamente in auto. Il paradosso è che negli anni ’70, ai tempi della prima crisi energetica, le città italiane erano ancora densamente abitate e servite, solo la grande industria era localizzata alla periferia della città. Nonostante l’Italia partisse da condizioni ideali per l’affermazione del trasporto pubblico si optò, con scelte organiche e non casuali, per l’espansione delle città e la creazione di zone specializzate e distanti, collegate da reti stradali gerarchizzate per dimensione e quantità di traffico ipotizzato. Lo sviluppo urbanistico nel nostro paese non è stato casuale e, almeno nel nord, non è stato nemmeno condizionato dall’abusivismo. E’ stato scelto, da politici, accademici e urbanisti, un modello già vecchio all’epoca, e la realizzazione di questo modello è stata perseguita con pervicacia e determinazione.
Oggi non si è ancora affermata una cultura urbanistica in grado di ribaltare questo modello. Oggi la città è schiava dell’automobile individuale. Solo un progetto di lungo termine, in grado di ridisegnare le città e i modi di attraversarle, se perseguito con ancora maggior pervicacia e ostinazione del modello precedente, potrà vedere la progressiva uscita di scena dell’auto individuale. Ci vorrà tempo ma è una scelta obbligata.
lunedì 2 luglio 2007
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1 commento:
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