In questo tempo sospeso, tra un boom edilizio che si è esaurito lasciando non poche questioni da affrontare e le speranze per un nuovo boom sostenuto dalle norme dei piani casa regionali, è forse possibile porre all'attenzione le questioni realmente urgenti per garantire la sopravvivenza nelle nostre città.
Nella città si intrecciano due grandi sistemi quello tecnologico delle infrastrutture, degli oggetti, dei servizi e quello biologico che raccoglie tutte le forme di vita, dai virus agli esseri umani passando per i parassiti e gli animali da compagnia, le piante infestanti e il verde organizzato. Pensare di isolare da questo intreccio singoli problemi da risolvere separatamente dal sistema è inutile e spesso dannoso.
Facciamo un esempio concreto: i rifiuti. Intanto si deve sottolineare una beffa linguistica nell'abbinamento della parola ecologia alla parola rifiuti in quanto negli ecosistemi non esistono rifiuti, dato che gli scarti di una specie diventano cibo per altre specie. I funghi che demoliscono la biomassa mettendo a disposizione nuovamente gli elementi base, sono veri operatori ecologici, non certo i servizi di raccolta e stoccaggio per l'eternità dell'immondizia urbana. Il tema rifiuti ci serve per capire come questioni complesse affrontate dal fondo non hanno soluzione, una società che si fonda sulla produzione e sui consumi produrrà sempre enormi quantità di rifiuti.
Senza una riduzione dei rifiuti in modo progressivo, ma fino allo zero, non ci sarà soluzione. Questo può avvenire solo organizzando il riuso, eliminando l'usa e getta dunque, e con un'economia del riciclo, in modo che fino all'ultimo pezzo, l'ultima vite o l'ultimo microchip vengano demoliti rimettendo in circolo gli elementi primari. In questa logica non c'è bisogno di discariche o inceneritori ma di inventare dei “funghi tecnologici” dediti allo smontaggio e recupero.
Il modello consumistico dell'usa e getta si è generalizzato invadendo e condizionando la città, la casa è diventata un oggetto da vendere, al pari dell'automobile, e non è più progettata quale luogo in cui abitare. Dal momento che la casa è un oggetto “immobile” la continua offerta sul mercato di nuove case porta ad un consumo sfrenato di terreni, sottratti all'agricoltura e al sistema biologico in generale, e alla produzione di rifiuti immobili che resteranno lungamente a memoria di un'epoca insensata.
Le nostre città, almeno nel nordest, hanno da moltissimo tempo una popolazione stabile, sostenuta dall'immigrazione, altrimenti avremmo la popolazione in calo. Il buon senso dice no aumento di popolazione? No nuove case! E' importante riportare l'economia, la finanza, l'industria edilizia a questo principio di realtà. Dalla crisi non si esce aumentando le quantità di case, capannoni, strade, rotonde, ma lavorando sulle qualità, sono ben contento se sarà più facile ristrutturare, mi preoccupa se questo porterà con sé la crescita incontrollata di metastasi architettoniche che spunteranno qui e là, elementi di vuota bruttezza, nel senso che saranno destinati a restare vuoti e a peggiorare l'estetica urbana.
Oggi, pensando a nuovi piani regolatori, è necessario ribadire l'importanza del blocco totale, assoluto, di qualsiasi costruzione su terreno vergine, agricolo o selvatico che sia. Anzi dirò di più, credo che un buon piano regolatore oggi debba prevedere la demolizione scientifica, mirata, qualitativa. Non sarebbe male che ogni nuovo metrocubo costruito sia accompagnato da un metro cubo demolito e restituito al sistema biologico, per ogni costruttore ci vuole un demolitore come avviene in natura. Viva i funghi dunque, quelli biologici da mangiare e quelli tecnologici ancora da inventare.
sabato 19 dicembre 2009
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