La ricerca di un modo di costruire secondo criteri di sostenibilità ambientale richiede di abbandonare i logori strumenti progettuali, che adesso ci appaiono bugiardi e densi di negatività e che hanno contribuito a costruire le realtà attuali. L’era post-petrolifera richiede un cambio totale di visione, e uno sforzo immaginativo che vada al di là di modelli e tecniche consolidate. Non si tratta cioè di sostituire semplicemente un materiale con un altro, ma si è chiamati a cambiare completamente l’approccio al progetto. Chiamo architettura leggera un modo di progettare e costruire che accetta questa sfida, sviluppando la ricerca di tecniche e forme costruttive a partire dall’impiego di energia diffusa, piuttosto che concentrata, di materiali leggeri e assemblati piuttosto che massicci e monolitici, di carichi poco elevati piuttosto che pesanti, di funzioni integrate piuttosto che specializzate.
La scelta di un materiale da costruzione in base alle caratteristiche di “leggerezza”, cioè di sostenibilità ambientale, richiede una valutazione sulla base dei seguenti parametri:
- I materiali devono essere prodotti e venduti localmente, in modo che sia più facile verificare la sostenibilità del ciclo produttivo, il basso impatto ambientale, e l’energia di trasporto pesi poco sul prodotto finito
- Devono essere a basso investimento energetico (Low embodied energy), cioè prodotti con il minor impiego di energia possibile in ogni fase di lavorazione.
- La durata dei materiali e dei manufatti deve essere attentamente progettata eliminando la possibilità che i materiali diventino rifiuti. E’ sostenibile un edificio pensato per durare 30 anni e i cui materiali trovano una collocazione in una qualche filiera, senza lasciare una scia di rifiuti da smaltire. Non è sostenibile un edificio pensato per durare indefinitamente e che richiede continue manutenzioni e sostituzioni con conseguente produzione di rifiuti da smaltire.
- Riciclabilità: deve essere abbandonata l’idea stessa di consumo, cioè di usa e getta, e sostituita con l’idea di usa e ricicla. L’attenzione dei progettisti dovrà concentrarsi sull’investimento metabolico presente in un oggetto, cioè su quanto cosa e come, a fine uso, è possibile recuperare, riciclare o metabolizzare. Al metabolismo biologico si affiancherà allora un metabolismo tecnologico in grado di escludere la produzione di rifiuti. Sarà possibile recuperare la maggior parte di materia ed energia attraverso processi di disassemblaggio e riassemblaggio. Mentre il metabolismo biologico è inscritto nelle interrelazioni degli ecosistemi, per cui ciò che una specie produce come rifiuto diventa cibo per un’altra specie, il metabolismo tecnologico richiede un’attenta progettazione sulla base dei cicli d’uso.
- I materiali usati non devono rilasciare emissioni tossiche o nocive nel tempo. Moltissime vernici, pitture murali, colle, additivi del cemento armato, rilasciano nel tempo composti organici volatili (COV) che sono causa di allergie e intossicazioni. Si tratta di prodotti utilizzati o per velocizzare la messa in opera o quali preservanti. L’impiego di queste sostanze riduce sullo stesso piano prodotti di origine biologica e prodotti di origine tecnologica impedendo le operazioni di riciclo. Come sta già avvenendo per la formaldeide e come è avvenuto per l’amianto, è possibile trovare valide alternative a questi materiali pericolosi.
- In alcuni materiali sono presenti dei residui di lavorazione non dichiarati potenzialmente tossici o nocivi, è il caso del cemento quando è prodotto bruciando pneumatici e rifiuti solidi urbani, è il caso dell’acciaio quando proviene da partite di rottami di origine incerta, può essere il caso del legno di provenienza extra europea, spesso trattato nei magazzini di partenza con sostanze altamente tossiche e vietate dalla nostra normativa.
- E’ necessaria poi una valutazione dell’impatto ambientale in fase di produzione e messa in opera. Il cemento, ad esempio, ha un forte impatto ambientale a partire dalle cave da cui e tratto il calcare, quindi i forni di cottura che contribuiscono alla produzione di CO2 e ad altre forme di inquinamento, a seguire la macinazione con produzione di polveri. Anche il legno può provenire da filiere ad alto impatto ambientale, frutto di deforestazione incontrollata e con lunghi tragitti di percorrenza.
L’entrata in vigore del Protocollo di Kyoto è il riconoscimento, a livello internazionale, dell’inizio dell’era post petrolifera e della conclusione dell’uso intensivo delle risorse. Con il petrolio in via di esaurimento si è esaurito il fondamento di un modello di società incentrato sull’economia ad alta intensità energetica. Il petrolio, e gli altri combustibili fossili ad alta concentrazione di energia, hanno determinato nel tempo i modi di costruire, i materiali da usare, finanche le forme e i modi di organizzazione urbana.
Oggi il contesto è cambiato, progettisti, costruttori, tecnici e amministratori pubblici, sono chiamati alla sfida dell’architettura leggera, un’architettura dematerializzata, che assume la questione fondamentale della nostra epoca, il passaggio dall’intensità all’efficienza: ridurre l’impiego di materia, di suolo, di acqua di energia migliorando la qualità abitativa.
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