Nonostante l’energia da fonte fossile diventi sempre più cara e i governi dichiarino di impegnarsi a ridurre le emissioni di CO2 equivalente, l’uso intensivo di questo tipo di energia ha continuato a crescere invece che diminuire.
Ancora oggi i grandi produttori di energia continuano a proporre e costruire centrali elettriche non molto diverse da quelle di 60 anni fa. Possiamo constatare una forte resistenza ad abbandonare il modello industrialista ad alta intensità energetica. Tutto il piano di grandi opere, dalla TAV ai rigassificatori, dalle discariche ai cementifici, risulta, concettualmente, vecchio di 60 anni.
Il sistema basato sull’intensità energetica per sopravvivere deve escludere qualsiasi forma che vada nel senso dell’efficienza.
E’ un sistema a senso unico, le comunità locali sono obbligate ad accettare la presenza inquinante e ingombrante delle centrali, le reti ad alta tensione trasportano l’energia a lunga distanza con fortissime perdite lungo il tragitto. Il sistema energetico intensivo toglie spazio vitale e non è più tollerato. L’energia così prodotta è sempre più cara e i cittadini la devono comprare a prezzo imposto.
Il petrolio e gli altri combustibili fossili hanno determinato i modi di costruire, i materiali da usare, le forme e i modi di organizzazione urbana.
La società industriale è stata fondata su un alto investimento energetico in tutti i campi, si produce, ci si sposta, si abita, consumando grandi quantitativi di energia. La periferia residenziale nasce in questa logica di consumo: consumo di energia, di risorse, di territorio.
Uscire dalle energie fossili significa allora ripensare radicalmente tutti questi aspetti, spostarsi dall’intensità all’efficienza e dalla concentrazione alla diffusione: ridurre il consumo di energia e produrre energia dove si consuma.
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