Anche in Friuli si sta organizzando un gruppo per il co-housing. Per realizzare questo primo intervento, si ipotizzano sei abitazioni, è stato individuato un bel terreno nel comune di Fagagna di circa 7000 mq. Oltre alla realizzazione delle case individuali si intende costruire una sala comune, servizi collettivi, spazi gioco. I vincoli di piano regolatore limitano la superficie coperta al solo 10% dell'area garantendo un ampia superficie a verde.
I promotori del progetto sono alla ricerca di partner per completare il gruppo e dare vita ad una delle prime esperienze di co-housing in Friuli.
Per informazioni scrivere a cohousing@architetturaleggera.it
Che cos'è il co-housing?
Con il termine inglese co-housing si intende un complesso residenziale composto da alloggi unifamiliari, i cui abitanti condividono spazi comuni, e si impegnano a vivere nel rispetto dell’ambiente e a costruire attivamente dei rapporti sociali di vicinato. Non è il condominio e non è la comune hippy ma ricorda piuttosto la comunità che caratterizzava i quartieri urbani o i villaggi. È un'alternativa all'abitazione individuale suburbana che oggi mostra tutti gli effetti negativi, sia a livello sociale che ambientale, sia in termini di inefficienza dei servizi e delle reti che di costi di trasporto, di comunicazione, di assistenza e di sicurezza. Con il cohousing, si sa che si conosceranno i vicini e si potrà contare su una rete solidale basata sullo scambio, la reciprocità e la gratuità.
Il co-housing è costituito da un gruppo di persone che decide di realizzare direttamente la propria abitazione, condividendo con gli altri i costi generali, opere di urbanizzazione, spese di progettazione, verde e spazi comuni, mantenendo il controllo diretto sulla costruzione. In altre parole l'abitante del co-housing è responsabile e attivo nella gestione del complesso. La forma più economica è certo quella dell'autocostruzione che richiede però competenze e abilità, ma anche la costruzione affidata a imprese sotto il controllo diretto dei futuri abitanti consente notevoli economie rispetto all'acquisto della casa finita. È importante considerare che l'impegno nella costruzione della propria casa non è monetizzabile, nel senso che le ore dedicate non sono ore di lavoro perse ma sono ore conquistate, ore liberate.
Rispetto a comprare una casa “chiavi in mano” la co-costruzione richiede impegno ed è tanto più economica quante più ore si dedicano alla realizzazione del progetto. I vantaggi sono di costruire una casa da abitare in base alle proprie esigenze, di sapere esattamente come la propria casa è stata costruita, di costruire insieme alla casa una coesione sociale non semplice e non scontata in epoca di individualismo spinto.
Anche il ruolo dell'architettura cambia, all'architetto stilista pret-a-porter che considera la casa come un oggetto da vestire per la vendita, si passa ad una architettura flessibile frutto del rapporto tra co-abitanti e progettista. Costruire in gruppo consente poi di adottare in modo efficiente molte più tecniche sostenibili quali la cogenerazione di calore ed energia elettrica, il ricorso a combustibili rinnovabili, il trattamento delle acque di scolo e il recupero dell'acqua piovana, la realizzazione di impianti fotovoltaici di grandi dimensioni molto più remunerativi di tanti singoli impianti domestici.
mercoledì 31 marzo 2010
Co-housing in Friuli
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sabato 19 dicembre 2009
Per ogni costruttore ci vuole un demolitore
In questo tempo sospeso, tra un boom edilizio che si è esaurito lasciando non poche questioni da affrontare e le speranze per un nuovo boom sostenuto dalle norme dei piani casa regionali, è forse possibile porre all'attenzione le questioni realmente urgenti per garantire la sopravvivenza nelle nostre città.
Nella città si intrecciano due grandi sistemi quello tecnologico delle infrastrutture, degli oggetti, dei servizi e quello biologico che raccoglie tutte le forme di vita, dai virus agli esseri umani passando per i parassiti e gli animali da compagnia, le piante infestanti e il verde organizzato. Pensare di isolare da questo intreccio singoli problemi da risolvere separatamente dal sistema è inutile e spesso dannoso.
Facciamo un esempio concreto: i rifiuti. Intanto si deve sottolineare una beffa linguistica nell'abbinamento della parola ecologia alla parola rifiuti in quanto negli ecosistemi non esistono rifiuti, dato che gli scarti di una specie diventano cibo per altre specie. I funghi che demoliscono la biomassa mettendo a disposizione nuovamente gli elementi base, sono veri operatori ecologici, non certo i servizi di raccolta e stoccaggio per l'eternità dell'immondizia urbana. Il tema rifiuti ci serve per capire come questioni complesse affrontate dal fondo non hanno soluzione, una società che si fonda sulla produzione e sui consumi produrrà sempre enormi quantità di rifiuti.
Senza una riduzione dei rifiuti in modo progressivo, ma fino allo zero, non ci sarà soluzione. Questo può avvenire solo organizzando il riuso, eliminando l'usa e getta dunque, e con un'economia del riciclo, in modo che fino all'ultimo pezzo, l'ultima vite o l'ultimo microchip vengano demoliti rimettendo in circolo gli elementi primari. In questa logica non c'è bisogno di discariche o inceneritori ma di inventare dei “funghi tecnologici” dediti allo smontaggio e recupero.
Il modello consumistico dell'usa e getta si è generalizzato invadendo e condizionando la città, la casa è diventata un oggetto da vendere, al pari dell'automobile, e non è più progettata quale luogo in cui abitare. Dal momento che la casa è un oggetto “immobile” la continua offerta sul mercato di nuove case porta ad un consumo sfrenato di terreni, sottratti all'agricoltura e al sistema biologico in generale, e alla produzione di rifiuti immobili che resteranno lungamente a memoria di un'epoca insensata.
Le nostre città, almeno nel nordest, hanno da moltissimo tempo una popolazione stabile, sostenuta dall'immigrazione, altrimenti avremmo la popolazione in calo. Il buon senso dice no aumento di popolazione? No nuove case! E' importante riportare l'economia, la finanza, l'industria edilizia a questo principio di realtà. Dalla crisi non si esce aumentando le quantità di case, capannoni, strade, rotonde, ma lavorando sulle qualità, sono ben contento se sarà più facile ristrutturare, mi preoccupa se questo porterà con sé la crescita incontrollata di metastasi architettoniche che spunteranno qui e là, elementi di vuota bruttezza, nel senso che saranno destinati a restare vuoti e a peggiorare l'estetica urbana.
Oggi, pensando a nuovi piani regolatori, è necessario ribadire l'importanza del blocco totale, assoluto, di qualsiasi costruzione su terreno vergine, agricolo o selvatico che sia. Anzi dirò di più, credo che un buon piano regolatore oggi debba prevedere la demolizione scientifica, mirata, qualitativa. Non sarebbe male che ogni nuovo metrocubo costruito sia accompagnato da un metro cubo demolito e restituito al sistema biologico, per ogni costruttore ci vuole un demolitore come avviene in natura. Viva i funghi dunque, quelli biologici da mangiare e quelli tecnologici ancora da inventare.
Nella città si intrecciano due grandi sistemi quello tecnologico delle infrastrutture, degli oggetti, dei servizi e quello biologico che raccoglie tutte le forme di vita, dai virus agli esseri umani passando per i parassiti e gli animali da compagnia, le piante infestanti e il verde organizzato. Pensare di isolare da questo intreccio singoli problemi da risolvere separatamente dal sistema è inutile e spesso dannoso.
Facciamo un esempio concreto: i rifiuti. Intanto si deve sottolineare una beffa linguistica nell'abbinamento della parola ecologia alla parola rifiuti in quanto negli ecosistemi non esistono rifiuti, dato che gli scarti di una specie diventano cibo per altre specie. I funghi che demoliscono la biomassa mettendo a disposizione nuovamente gli elementi base, sono veri operatori ecologici, non certo i servizi di raccolta e stoccaggio per l'eternità dell'immondizia urbana. Il tema rifiuti ci serve per capire come questioni complesse affrontate dal fondo non hanno soluzione, una società che si fonda sulla produzione e sui consumi produrrà sempre enormi quantità di rifiuti.
Senza una riduzione dei rifiuti in modo progressivo, ma fino allo zero, non ci sarà soluzione. Questo può avvenire solo organizzando il riuso, eliminando l'usa e getta dunque, e con un'economia del riciclo, in modo che fino all'ultimo pezzo, l'ultima vite o l'ultimo microchip vengano demoliti rimettendo in circolo gli elementi primari. In questa logica non c'è bisogno di discariche o inceneritori ma di inventare dei “funghi tecnologici” dediti allo smontaggio e recupero.
Il modello consumistico dell'usa e getta si è generalizzato invadendo e condizionando la città, la casa è diventata un oggetto da vendere, al pari dell'automobile, e non è più progettata quale luogo in cui abitare. Dal momento che la casa è un oggetto “immobile” la continua offerta sul mercato di nuove case porta ad un consumo sfrenato di terreni, sottratti all'agricoltura e al sistema biologico in generale, e alla produzione di rifiuti immobili che resteranno lungamente a memoria di un'epoca insensata.
Le nostre città, almeno nel nordest, hanno da moltissimo tempo una popolazione stabile, sostenuta dall'immigrazione, altrimenti avremmo la popolazione in calo. Il buon senso dice no aumento di popolazione? No nuove case! E' importante riportare l'economia, la finanza, l'industria edilizia a questo principio di realtà. Dalla crisi non si esce aumentando le quantità di case, capannoni, strade, rotonde, ma lavorando sulle qualità, sono ben contento se sarà più facile ristrutturare, mi preoccupa se questo porterà con sé la crescita incontrollata di metastasi architettoniche che spunteranno qui e là, elementi di vuota bruttezza, nel senso che saranno destinati a restare vuoti e a peggiorare l'estetica urbana.
Oggi, pensando a nuovi piani regolatori, è necessario ribadire l'importanza del blocco totale, assoluto, di qualsiasi costruzione su terreno vergine, agricolo o selvatico che sia. Anzi dirò di più, credo che un buon piano regolatore oggi debba prevedere la demolizione scientifica, mirata, qualitativa. Non sarebbe male che ogni nuovo metrocubo costruito sia accompagnato da un metro cubo demolito e restituito al sistema biologico, per ogni costruttore ci vuole un demolitore come avviene in natura. Viva i funghi dunque, quelli biologici da mangiare e quelli tecnologici ancora da inventare.
mercoledì 13 maggio 2009
Laboratorio Sperimentale di Sostenibilità Edilizia

Con il Convegno
Ecologia della Casa. Zero emissioni e architettura open source.
si è conclusa la prima parte del Laboratorio Sperimentale di Sostenibilità Edilizia dedicato alla progettazione e costruzione di una casa temporanea a zero emissioni costruita interamente in legno.
Il Laboratorio vede coinvolte quattro scuole del Friuli Venezia Giulia e intende diffondere i temi della sostenibilità in architettura attraverso un'esperienza pratica di costruzione.
Alla pagina
http://www.architetturaleggera.it/lasse/lasse-200809-presentazione-dei-lavori/
è possibile scaricare gli interventi e la presentazione del lavoro degli studenti.
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giovedì 30 aprile 2009
Architettura open-source
Il termine open-source nasce come metodo di sviluppo del software aperto al contributo di chiunque sia in grado di portare modifiche di miglioramento. Si basa sulla trasparenza dei processi e il potere della rete (internet). L’aspettativa è quella di avere una migliore qualità, più flessibilità, costi minori e la fine delle strategie di marketing di venditori senza scrupoli. Questo non significa fornire gratuitamente esperienza e conoscenza, significa invece mettere le intelligenze in rete secondo la logica che il miglioramento delle condizioni individuali contribuiscono al miglioramento delle condizioni ambientali. In questo senso la filosofia open-source deve diventare patrimonio di architetti e amministratori delle città.
Parlando di architettura opensource si delinea un’alternativa praticabile, una casa che nasce dalla partecipazione al progetto da parte degli abitanti e che prevede un alto grado di flessibilità e adattabilità. Per l’architettura questa non è una novità, il progetto aperto, la stratificazione, la trasformabilità caratterizzano l’edilizia residenziale storica delle nostre città. Mai come in quest'epoca si coglie una distanza tra le esigenze reali dei cittadini e la proposta del mercato immobiliare, il grande architetto tedesco Frei Otto, autore tra le altre cose dello Stadio Olimpico di Monaco per le Olimpiadi del 1972 e precursore di una impostazione ecologica del progetto d'architettura pone con forza la domanda: “Perchè gli architetti continuano a disegnare in nome della collettività progetti e spazi uguali per tutti anche se nessuno li vorrebbe così?” - Con l'impostazione open-source si passa dall’architettura chiusa, che celebra l'autore ma non l'abitabilità di una casa, alla libertà di un’architettura dinamica, aperta alle esigenze degli abitanti, in grado di trasformarsi nel tempo, un’architettura partecipativa in continuo miglioramento.
Parlando di architettura opensource si delinea un’alternativa praticabile, una casa che nasce dalla partecipazione al progetto da parte degli abitanti e che prevede un alto grado di flessibilità e adattabilità. Per l’architettura questa non è una novità, il progetto aperto, la stratificazione, la trasformabilità caratterizzano l’edilizia residenziale storica delle nostre città. Mai come in quest'epoca si coglie una distanza tra le esigenze reali dei cittadini e la proposta del mercato immobiliare, il grande architetto tedesco Frei Otto, autore tra le altre cose dello Stadio Olimpico di Monaco per le Olimpiadi del 1972 e precursore di una impostazione ecologica del progetto d'architettura pone con forza la domanda: “Perchè gli architetti continuano a disegnare in nome della collettività progetti e spazi uguali per tutti anche se nessuno li vorrebbe così?” - Con l'impostazione open-source si passa dall’architettura chiusa, che celebra l'autore ma non l'abitabilità di una casa, alla libertà di un’architettura dinamica, aperta alle esigenze degli abitanti, in grado di trasformarsi nel tempo, un’architettura partecipativa in continuo miglioramento.
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mercoledì 29 aprile 2009
Ecologia della casa e architettura open-source

Ecologia della casa - zero emissioni e architettura open-source. Efficienza energetica e flessibilità costruttiva. Con questo titolo Venerdì 8 maggio 2009 a Udine alle 9:30 presso la sala congressi della Fiera di Udine si terrà un convegno in cui saranno presentati i lavori del secondo Labboratorio Sperimentale di Sostenibilità Edilizia svolto in collaborazione con ITI Malignani di Udine, ISIS Solari di Tolmezzo, IPSIA Mattioni di San Giovanni al Natisone, ISIS D'Aronco di Gemona del Friuli.
Partecipano al convegno
Manuela Daniel, assistente alle politiche sociali di Coop Consumatori Nordest
Christine Kanstinger dell'Atelier Frei Otto und Partner
Andrea Trincardi Coordinatore del Laboratorio Sperimentale di Sostenibilità Edilizia
Andrea Poggio vice direttore generale di Legambiente
L'ecologia di una casa non riguarda tanto la “naturalità” dei suoi componenti quanto il ruolo che essa assume nella configurazione urbana e l'insieme di relazioni che l'attraversano, in altre parole le componenti tossiche sono solo una parte di queste relazioni da considerare insieme all'energia necessaria a produrre la casa e a mantenerla, la provenienza geografica dei materiali e l'impatto ambientale che si determina in ogni fase della filiera.
Una casa a zero emissioni non intossica i propri abitanti con emissioni nocive (Composti Organici Volatili) e non contribuisce all'aumento dei gas serra perchè richiede pochissima energia per essere scaldata e raffreddata ed è stata costruita con materiali che non hanno richiesto molta energia per essere prodotti. Con casa ecologica a zero emissioni, in una visione ampia, ecosistemica, si indica un modo di intervenire, di trasformare l'ambiente, considerando il punto di vista delle comunità locali per trovare nel contesto e nelle relazioni che lo attraversano le priorità da seguire. Attualmente la deriva consumistica ha profondamente alterato i rapporti degli abitanti con la casa e con il proprio ambiente, la casa è stata ridotta a merce, un oggetto in vendita fra altri oggetti. Scriveva Adorno che “Delle merci culturali si consuma il loro astratto essere per altro, senza che esse siano realmente per gli altri; nel mentre contentano gli altri esse in realtà li ingannano. Oggi la città contemporanea si fonda su questo colossale inganno, inganno che dopo l'emergere della bolla speculativa e le vicende delle speculazioni sui mutui appare più chiaro.
mercoledì 10 dicembre 2008
Casa a zero emissioni
Realizzazione di una casa temporanea a zero emissioni.
L'ambizioso progetto del Laboratorio Sperimentale di Sostenibilità Edilizia organizzato per l'anno scolastico 2008/09 è la costruzione, da parte degli studenti, di un prototipo di casa temporanea a zero emissioni. Casa temporanea significa una casa montabile e smontabile, un modo di costruire reversibile, che non pregiudica altri usi futuri del terreno; zero emissioni significa una casa che non determina un aumento di emissioni che alterano il clima (CO2; NOx; SO2) grazie alla capacità di utilizzare al meglio l'energia solare. La casa avrà la struttura portante in legno e un alto grado di isolamento termico (standard passivhaus) per funzionare al meglio sia in inverno che in estate, sarà facilmente montabile e smontabile da gruppi di volontari. Con una superficie complessiva di circa 40 mq. , sarà dotata di impianto elettrico a basso voltaggio alimentato da un campo fotovoltaico integrato nella struttura.
Realizzata per accogliere le attività temporanee di sensibilizzazione sui temi dell’efficienza energetica e della sostenibilità edilizia organizzate dai Distretti dei soci di Coop Consumatori Nordest, è intesa quale prototipo di casa temporanea, a bassissimo impatto ambientale.
L'ambizioso progetto del Laboratorio Sperimentale di Sostenibilità Edilizia organizzato per l'anno scolastico 2008/09 è la costruzione, da parte degli studenti, di un prototipo di casa temporanea a zero emissioni. Casa temporanea significa una casa montabile e smontabile, un modo di costruire reversibile, che non pregiudica altri usi futuri del terreno; zero emissioni significa una casa che non determina un aumento di emissioni che alterano il clima (CO2; NOx; SO2) grazie alla capacità di utilizzare al meglio l'energia solare. La casa avrà la struttura portante in legno e un alto grado di isolamento termico (standard passivhaus) per funzionare al meglio sia in inverno che in estate, sarà facilmente montabile e smontabile da gruppi di volontari. Con una superficie complessiva di circa 40 mq. , sarà dotata di impianto elettrico a basso voltaggio alimentato da un campo fotovoltaico integrato nella struttura.
Realizzata per accogliere le attività temporanee di sensibilizzazione sui temi dell’efficienza energetica e della sostenibilità edilizia organizzate dai Distretti dei soci di Coop Consumatori Nordest, è intesa quale prototipo di casa temporanea, a bassissimo impatto ambientale.
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martedì 1 luglio 2008
La città, oggi
La città, oggi, è oggetto di una possente ricombinazione in cui entrano in causa il deficit ecologico e il superamento dei limiti della terra, la fine del ruolo della politica e la potenza dell’economia globalizzante, domande di libertà e di giustizia sociale, spinte alla decentralizzazione e imposizioni centralistiche di sfruttamento della realtà locale. Relazioni complesse e mutevoli nel corso del tempo si stratificano nel nostro ecosistema che costituisce il corpo vivo inafferrabile e sfuggente della città.
Questo è il nostro ambiente, ciò che cresce attraversato da reti e interrelazioni pluridimensionali ed evolve, muore e rinasce, grazie alla compresenza di moltissimi elementi eterogenei.
Centri commerciali, centri direzionali, centri benessere e sportivi, aldilà dell’ossessivo richiamo al centro, costituiscono gli elementi ripetitivi di una frammentazione funzionale in cui l’eterogeneo scompare, in cui domina l’impoverimento segnico e semantico degli spazi spazzatura, degli scatoloni prefabbricati più o meno decorati. Così quelli che vorrebbero essere interventi ordinatori, attraverso la semplificazione, diffondono il vero caos, caratterizzato dalla calma piatta delle condizioni indifferenziate e da un bassissimo grado di relazione con l’intorno.
La parte pesante della città attuale è data dalla quantità di materia in uso, dalla necessità di pompare enormi quantità di energia per renderla abitabile, dallo spreco e dalla continua produzione di rifiuti. L’edilizia contribuisce a questo spreco utilizzando materiali insostenibili (come il cemento armato o il PVC) ma anche intaccando il patrimonio comune di suolo fertile e di acqua potabile. Riusare vecchi siti è sicuramente un’occasione di trasformazione in senso sostenibile della realtà urbana. L’architettura leggera è il modo di costruire senza sprechi di materia e di energia, è un modo attento al ciclo di vita dei materiali per costruire edifici a energia zero.
Oggi un progetto per la città deve partire dall’intrepretazione della complessità ecosistemica, la complessità delle relazioni, delle molte dimensioni, dei mille piani che si intersecano nell’intreccio del mondo biologico con quello tecnologico.
Oggi è possibile sperimentare una città a zero energia, costruita da architettura leggera, per non pesare sull’ambiente e iniziare a ridurre l’impronta ecologica della nostra città.
Questo è il nostro ambiente, ciò che cresce attraversato da reti e interrelazioni pluridimensionali ed evolve, muore e rinasce, grazie alla compresenza di moltissimi elementi eterogenei.
Centri commerciali, centri direzionali, centri benessere e sportivi, aldilà dell’ossessivo richiamo al centro, costituiscono gli elementi ripetitivi di una frammentazione funzionale in cui l’eterogeneo scompare, in cui domina l’impoverimento segnico e semantico degli spazi spazzatura, degli scatoloni prefabbricati più o meno decorati. Così quelli che vorrebbero essere interventi ordinatori, attraverso la semplificazione, diffondono il vero caos, caratterizzato dalla calma piatta delle condizioni indifferenziate e da un bassissimo grado di relazione con l’intorno.
La parte pesante della città attuale è data dalla quantità di materia in uso, dalla necessità di pompare enormi quantità di energia per renderla abitabile, dallo spreco e dalla continua produzione di rifiuti. L’edilizia contribuisce a questo spreco utilizzando materiali insostenibili (come il cemento armato o il PVC) ma anche intaccando il patrimonio comune di suolo fertile e di acqua potabile. Riusare vecchi siti è sicuramente un’occasione di trasformazione in senso sostenibile della realtà urbana. L’architettura leggera è il modo di costruire senza sprechi di materia e di energia, è un modo attento al ciclo di vita dei materiali per costruire edifici a energia zero.
Oggi un progetto per la città deve partire dall’intrepretazione della complessità ecosistemica, la complessità delle relazioni, delle molte dimensioni, dei mille piani che si intersecano nell’intreccio del mondo biologico con quello tecnologico.
Oggi è possibile sperimentare una città a zero energia, costruita da architettura leggera, per non pesare sull’ambiente e iniziare a ridurre l’impronta ecologica della nostra città.
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