mercoledì 10 ottobre 2007

Per un presente sostenibile.

Molti spostano al futuro la trasformazione in senso sostenibile della società. Come avviene in tutti i cambiamenti epocali, c’è un passaggio di potere e di ricchezze tra vecchia economia e nuova economia è ovvio che questo spaventi chi non si sta attrezzando e che quindi si preferisca spostare l’obiettivo in un futuro imprecisato.
Il 4 ottobre è stato il cinquantesimo anniversario del primo satellite spaziale, lo Sputnik, che aprì il periodo delle fantasie spaziali, dopo soli 12 anni il primo uomo toccò il suolo lunare. E’ inimmaginabile ciò che l’uomo può fare in un tempo così breve. Sui tempi lunghi gli uomini non hanno nessuna possibilità di controllo su ciò che sarà; “Se sai come una cosa sarà tra cinquant’anni, vuoi dire che sei in grado di realizzarla adesso. Ma in realtà non lo sai, perché quella cosa sarà ciò che vorrà essere.” scriveva Louis Kahn. Il compito della trasformazione in senso sostenibile della società spetta a noi, se in 12 anni si è riusciti ad andare sulla luna è mai possibile che non si riesca nello stesso periodo a riorganizzare il territorio limitando l’uso dell’automobile, a ridurre drasticamente la produzione di rifiuti e a costruire case con ridottissimi consumi di energia?

martedì 9 ottobre 2007

Laboratorio Sperimentale di Sostenibilità Edilizia - La.S.S.E.

Sono ormai trent’anni che si è fatta strada l’idea, diventata oggi certezza, che a questi livelli di prelievo, la Terra non potrà garantire risorse in modo equo per tutti gli abitanti del pianeta. Le risorse sulla Terra hanno dei limiti, di quantità e di possibilità d’uso; hanno dei limiti il petrolio, il carbone e l’uranio, ma hanno dei limiti anche tutte le materie prime utilizzate nei sistemi di produzione. La sfida della nostra epoca è quella di accettare questi limiti, riducendo drasticamente l’impiego di materia e di fonti di energia non rinnovabile, senza per questo ridurre o peggiorare il livello di vita. L’ingresso nell’era post-petrolifera richiede un cambio totale di visione e uno sforzo immaginativo che vada al di là di modelli e tecniche consolidate. Non si tratterà di sostituire semplicemente un materiale con un altro, ma si è chiamati, fin d’ora, a cambiare completamente l’approccio al progetto, avviando la ricerca di un modo di costruire secondo criteri di sostenibilità ambientale. Efficienza energetica, meno materia, individuazione di filiere sostenibili per eliminare il più possibile gli scarti e i rifiuti, sono questi gli assi per la ricerca verso una sempre maggiore integrazione sostenibile.
L’edilizia impiega molta materia in fase di produzione e molta energia in fase di gestione per climatizzare e illuminare gli ambienti; ben il 40% della produzione di gas serra è imputabile all’edilizia. Si delinea quindi la necessità di studiare nuovi tipi di insediamento meno “energivori” di quelli attuali.
Nasce da queste considerazioni l’idea di un Laboratorio Sperimentale di Sostenibilità Edilizia (LaSSE), promosso e finanziato da Coop Consumatori Nordest, all’interno del programma “Energeticamente”, con l’intento di verificare strategie sostenibili nella costruzione e gestione degli edifici commerciali e contemporaneamente formare e sensibilizzare i professionisti di domani. Il progetto, coordinato dall’architetto e ecodesigner Andrea Trincardi verrà sviluppato dagli studenti dell’Istituto Tecnico Industriale Malignani di Udine sotto la guida degli insegnati della specializzazione edilizia e della specializzazione elettrotecnica e automazione. La sperimentazione, condotta sugli edifici messi a disposizione da Coop Consumatori Nordest, intende individuare i punti di maggiore utilizzo di energia, valutarne il grado di inefficienza e indicare una serie di strategie possibili da attuare in futuro per migliorare il grado di sostenibilità. L’attività di LaSSE risponde perfettamente alle finalità dello statuto di Coop Consumatori Nordest essendo anche un momento di promozione dei principi di solidarietà e mutualità tra i cittadini. Il cambiamento attuale richiederà una trasformazione degli stili di vita di ciascuno e dunque una diffusa attività di educazione e sensibilizzazione all’uso razionale delle risorse, all’efficienza energetica e ai temi della sostenibilità edilizia costituisce un contributo importante all’interno di una già avviata attività sociale di educazione e sensibilizzazione ai consumi.
I risultati raggiunti a conclusione del lavoro di LaSSE, che accompagnerà gli studenti lungo l’intero anno scolastico, consentiranno una prima valutazione sull’efficienza degli edifici analizzati e costituiranno una base per le progettazioni future e i piani di manutenzione e rinnovamento.

martedì 17 luglio 2007

Prodotti naturali

Come già avvenuto nell'alimentare anche nei prodotti per l'edilizia si sta diffondendo la dicitura prodotto naturale. Con naturale si identificano quei prodotti che hanno subito scarse trasformazioni. Questa definizione ha più che altro un intento evocativo, naturale rimanda a salutare, che fa bene, puro come acqua di montagna. Costruire in modo naturale allora è costruire con materiali che non siano nocivi per la salute. E’ uno dei tanti paradossi del mondo industriale-consumista: ci si può nutrire con roba generica che può contenere sostanza dannose o con roba naturale che fa bene. Ammettere la dicitura naturale per un prodotto è confermare contemporaneamente che è lecito produrre materiali non naturali, cioè potenzialmente tossici o dannosi.

Uno yogurt, un intonaco, del prosciutto o dei trattamenti per pavimento in legno possono essere naturali o che cosa? Artificiali? Industriali? Sintetici?
Artificiale è prodotto grazie a un arte del fare o del fare a regola d'arte. La costruzione di una casa è un artificio così come la produzione di un formaggio o del vino. Forse si è persa l’etica del fare a regola d’arte, per cui si immagina un mondo naturale originario in contrapposizione ad un mondo artificiale corrotto, come se in un passato mitico si conoscessero tutti i segreti del buon pane o della buona casa naturale. Non è così.
Con l’industrialismo, cioè l’allargamento a tutti gli aspetti del vivere delle regole della produzione industriale, si è affermato il primato del risparmio sulle regole dell’arte: risparmiare tempo; denaro; fatica. Per raggiungere questo risparmio ogni soluzione è valida, salute, benessere, gusto passano in secondo piano, al massimo evocati come elemento pubblicitario. Si risparmiano tempo denaro e fatica ma non si risparmiano materia, rifiuti, energia. Anzi lo spreco di questi ultimi è indispensabile per risparmiare i primi. Questa logica non ha però tenuto conto della limitatezza delle risorse della Terra. La Terra ha dei limiti ben precisi, la via d’uscita a questa situazione non è la sostituzione di materiali di consumo generici con materiali naturali ma il salto di paradigma, il blocco del consumo di materia e lo spostamento delle attività umane dai consumi all’uso e riuso. Solo abbandonando la logica industrialista si potrà essere liberi di pensare un nuovo modo di costruire o mangiare, che vada oltre la schiavitù dei consumi.
Una società che riduce i consumi non è una civiltà più povera anzi. Una casa calda in inverno e fresca d’estate è realizzabile riducendo anche di dieci volte il consumo di energia e il prelievo di materia. Non accontentiamoci allora del cibo naturale ma cerchiamolo piuttosto leggero, non come calorie, ma come impegno di materia e energia.

Un lucernario bioclimatico


Sto completando la realizzazione di un lucernario che avrà la funzione, oltre a quella di illuminare, di creare una circolazione d'aria negli ambienti. La caratteristica è che l'aria in entrata passa attraverso dei tubi interrati perdendo calore a contatto con superfici più fresche.
Anche la forma del lucernario è pensata in modo da ridurre il surriscaldamento e l'effetto serra. Si tratta in questo caso dell'effetto serra locale, nella stanza, anche se un lucernario bioclimatico contribuisce alla riduzione dei consumi di climatizzazione e dunque riduce anche l'effetto serra globale.

mercoledì 11 luglio 2007

Le case hanno scarsa efficienza energetica

Per molto tempo i costruttori di case hanno pensato che un buon isolamento termico fosse una cosa inutile. Le case costruite fin'ora e molte di quelle ancora in costruzione hanno una scarsissima efficienza energetica. L'efficienza energetica non è altro che la percentuale di energia che effettivamente riusciamo a godere sottoforma di caldo o di fresco.
Per le automobili l'efficienza è indicata in litri per 100 km., cioè quanti litri brucio per compiere un tragitto di 100 km.
Per le case si indica l'energia, espressa in kW, per metro quadro per anno. Solitamente in questo valore rientra solamente l'energia spesa per riscaldare la casa in inverno. In verità si consuma energia anche per illuminare e soprattutto per raffreddare la casa in estate. Le spese di raffrescamento fanno aumentare i consumi di circa il 25%. Complessivamente una casa generica consuma tra 250 kW/mq anno e 300 kW/mq anno.
Una casa efficiente consuma 30 kW/mq anno (dico 30!) e non ha bisogno di impianto di condizionamento. Questi consumi sono raggiungibili solo se l'intera progettazione dell'edificio tiene conto degli aspetti energetici: orientamento, forma, dimensione e coolocazione delle finestre, materiali, tetto, verde; sono tutti elementi della progettazione architettonica che contribuiscono alla costruzione di case efficienti. La prima causa di architetture inefficienti è degli architetti che hanno dimenticato le regole base della progettazione cioè conoscenza dei luoghi, conoscenza del clima, conoscenza delle abitudini degli abitanti. A ruota, nelle responsabilità, seguono gli impresari, i costruttori, sempre pronti a tagliare voci di spesa.
E' evidente una resistenza da parte di chi orienta il mercato edilizio a non porre la questione energetica tra i parametri di scelta di una nuova casa. La spiegazione è semplice, c'è un "magazzino" di case nuove assolutamente inefficienti che va "svuotato" prima di aprire la strada a case efficienti.

lunedì 2 luglio 2007

La città e l'automobile

Le auto producono inquinamento ogni qualvolta le usiamo. Guidare un’auto è l’azione più inquinante compiuta da un cittadino medio. Due sono i punti principali di inefficienza, il primo è dato dal fatto che un’utilitaria che trasporta una persona muove 7-8 quintali d’acciaio per spostare 60-100 kg. di guidatore; il secondo è dato dal fatto che non più del 35% dell’energia prodotta dal motore si trasforma in movimento, il resto è dissipata, cioè perduta, sottoforma di calore.
Il problema è che le nostre città sono state costruite in funzione dell’automobile, zone residenziali, zone industriali e direzionali, zone per il divertimento, sono raggiungibili solo ed esclusivamente in auto. Il paradosso è che negli anni ’70, ai tempi della prima crisi energetica, le città italiane erano ancora densamente abitate e servite, solo la grande industria era localizzata alla periferia della città. Nonostante l’Italia partisse da condizioni ideali per l’affermazione del trasporto pubblico si optò, con scelte organiche e non casuali, per l’espansione delle città e la creazione di zone specializzate e distanti, collegate da reti stradali gerarchizzate per dimensione e quantità di traffico ipotizzato. Lo sviluppo urbanistico nel nostro paese non è stato casuale e, almeno nel nord, non è stato nemmeno condizionato dall’abusivismo. E’ stato scelto, da politici, accademici e urbanisti, un modello già vecchio all’epoca, e la realizzazione di questo modello è stata perseguita con pervicacia e determinazione.
Oggi non si è ancora affermata una cultura urbanistica in grado di ribaltare questo modello. Oggi la città è schiava dell’automobile individuale. Solo un progetto di lungo termine, in grado di ridisegnare le città e i modi di attraversarle, se perseguito con ancora maggior pervicacia e ostinazione del modello precedente, potrà vedere la progressiva uscita di scena dell’auto individuale. Ci vorrà tempo ma è una scelta obbligata.

mercoledì 27 giugno 2007

Capezzone fa rima con capannone e ...

Al Senato con il numero 1532 è in attesa di approvazione un disegno di legge ad opera dell'on. Capezzone.
Il disegno di legge si propone di snellire le pratiche per fare impresa nel nostro paese. Non esiste impresa che non abbia un capannone, ragiona il Capezzone, e dunque, per costruire gli edifici necessari a una qualsiasi attività produttiva, sia che tratti beni che servizi, basterà presentare la domanda allo “sportello unico” comunale.
La ricevuta della domanda vale come concessione e permesso di costruire.
Non conta più la destinazione d'uso dell'area ho da fare il capannone e lo faccio, punto! In caso di contenzioso in comissione servizi sarà il governo a decidere entro trenta giorni con il sistema del silenzio assenso.
Ecco fatto, ci voleva tanto?
La dove non osano le aquile osano i tacchini!